Quaresima 2021 – La lettera al Clero di Mons. Nosiglia

Cari amici e confratelli nel ministero,

anche quest’anno la Quaresima rischia di essere monca, visto che la pandemia non cessa di assediarci tutti con la sua recrudescenza. Sono comunque certo che voi, come avete affrontato le altre ondate di coronavirus, affronterete anche questa con la serenità e la creatività che avete dimostrato negli ultimi dodici mesi. Vi ringrazio sentitamente e, facendo mie le valutazioni positive dei vostri fedeli per tutto ciò che avete promosso, mi auguro che sappiate continuare su queste vie, che permettono a tante persone di avere in voi un punto di riferimento importante e decisivo sia sul piano spirituale e pastorale, sia anche civile e sociale.

Le modalità che avete messo in atto non hanno scelto il “tutto come prima” o il niente. Vi siete prodigati, pur mantenendo l’accoglienza di tutte le prescrizioni, per promuovere tante nuove esperienze che hanno sostenuto la fede, la speranza e la carità delle vostre comunità. Vi invito a perseverare nella prudenza e nel rispetto delle norme sanitarie. La fede nel Signore non supera ordinariamente la malattia, ma invece ci impegna a prenderci cura di noi stessi e del prossimo, evitando il più possibile ogni contagio.

L’utilizzo degli strumenti online si è rivelato certamente utile, ma più necessaria è emersa l’importanza di promuovere occasioni di incontro, soprattutto nella liturgia domenicale e sacramentale. Molte persone, che mi scrivono e inviano mail, mi dicono che in questo tempo, carico di paure e di incertezze, hanno riscoperto una personalità nuova del loro parroco, i tratti della sua umanità e del suo ascolto paziente e generoso verso di loro. A tutta l’organizzazione pastorale che occupava la sua giornata e lo faceva apparire sempre impegnato è subentrata un’accoglienza serena e disponibile a “perdere tempo” con chi lo cerca e vuole parlare con lui dei suoi problemi e situazioni di vita.

Anche la confessione è stata riscoperta, insieme alla direzione spirituale, non solo per essere perdonati dei propri peccati, ma per aprirsi al dialogo e a domande e risposte importanti, relative alla situazione che stiamo vivendo; i ragazzi hanno incontrato il loro parroco nel catechismo svolto in chiesa con momenti comunitari, in cui la figura del sacerdote è apparsa loro paterna e amicale e non solo sussidiaria dei catechisti; molte famiglie hanno accolto con gioia gli incontri con il loro sacerdote, perché hanno apprezzato il fatto di essere considerate soggetti prioritari nella stessa catechesi dei figli; le celebrazioni poi delle Cresime e delle prime Comunioni, svolte per piccoli gruppi, hanno fatto emergere l’importanza delle varie parti del rito e della comunità, rispetto alla marea degli invitati che le rendeva anonime e spersonalizzate. I numerosi funerali che hanno caratterizzato questi mesi ci hanno visti impegnati a mantenere e intensificare le relazioni umane e spirituali ricche di valori di prossimità verso le famiglie dei defunti e di annunciare loro e a tutti la speranza propria della nostra fede nella risurrezione e nella vita eterna.

Non mi dilungo, perché ognuno di voi potrebbe aggiungere esperienze positive al riguardo. Quanto mi interessa sottolineare è come la figura e il ministero del sacerdote ne sono usciti molto bene: questo ci invita a muoverci sulla stessa strada anche per il prossimo futuro. Facciamo tesoro dell’esperienza che abbiamo dovuto affrontare e che ha portato tanta sofferenza e pure morte: proseguiamo su questa strada di umanizzazione che è propria del nostro ministero. Sembra paradossale, ma è così e possiamo trarne del bene per l’annuncio del Vangelo, che resta il nostro primo impegno pastorale ed ecclesiale. Bisogna puntare sull’essenziale per sfoltire e semplificare la pastorale, lasciando perdere tante iniziative e impegni che apparivAno indispensabili e necessari, quando invece erano bagagli faticosi e superflui, di cui ora abbiamo fatto a meno.

Non si tratta di frenare circa il passato, ma di proseguire compiendo scelte nuove che ci permettano di ripensare la nostra presenza nelle attività ritenute le più necessarie in ordine all’evangelizzazione: privilegiamo il rapporto personale con i nostri fedeli, lasciando magari cadere ciò che è mera rappresentanza o “etichetta”; proseguiamo nel creare occasioni vere di comunità e non solo di comodità o tradizione negli orari e nei luoghi; manteniamo più serate libere da impegni e riunioni fiume, se possiamo incontrarci più brevemente online per piccoli e proficui confronti. Curiamo bene la liturgia, il momento più bello e fecondo di frutti spirituali per le nostre comunità e i tempi dell’anno liturgico per quanto riguarda la catechesi e la formazione: questo vuol dire preparare bene l’omelia, breve e incentrata sulle letture bibliche, che nutrono la fede e danno speranza più di tutte le nostre parole. Sono convinto che queste e altre attenzioni del genere aiuteranno tutti: preti e fedeli laici.

Cari amici, accogliendo il proverbio: “Dio scrive dritto sulle righe storte degli uomini”, sappiamo leggere queste righe dritte che, in mezzo a una realtà molto critica e che ci appare negativa rispetto a quanto abbiamo sempre fatto, il Signore ci offre, per darci coraggio nel tentare vie nuove, pazienza nella prova e perseveranza nel continuare a credere nella sua divina e umana presenza, che ci guida e ci sostiene. Aiutiamo le nostre comunità a saper rileggere gli avvenimenti anche più tragici e tristi per molti, alla luce della Parola di Dio, che agisce nella storia e ci chiede di impegnarci su nuove e responsabili forme di solidarietà, vicinanza e fraternità, da vivere insieme ai più poveri e ultimi della nostra società. Ma soprattutto ci chiede di ritornare a puntare nella nostra vita sull’essenziale della nostra vocazione e ministero: quello della preghiera incessante, umile e continua. La Quaresima ce ne offre l’occasione. Ricordiamo l’episodio evangelico in cui gli Apostoli cercano di aiutare la gente, che ricorre loro per essere liberata dal male che la assilla, senza riuscirci: «Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: “Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?”. Ed egli rispose loro: “Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: ‘Spòstati da qui a là’, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile”» (Mt 17,19-20). E aggiunse: «Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno» (cfr. Mt 17,21 e Mc 9,29).

Vi ho raccontato una volta nel ritiro spirituale l’episodio di quella donna che doveva parlare con il parroco di un paese e, dopo aver suonato alla canonica ed essere passata all’oratorio, non riusciva a trovarlo; chiese dunque a una persona incontrata per strada: “Dove posso trovare il parroco?”. Quella persona le rispose: “Se vuole trovarlo, vada in chiesa, anche se non è tempo di sante Messe o funzioni; lui sarà lì da solo, davanti al Santissimo a pregare”. Sì, le attività del nostro ministero ci impongono tante cose da programmare e da fare, per cui il tempo dedicato alla preghiera per i nostri fedeli non è prioritario. Durante questa Quaresima, proviamo a rovesciare il tutto e mettiamo al primo posto la preghiera, anche personale oltre che comunitaria, così da offrire alla nostra gente un esempio eloquente e concreto da imitare, per affrontare serenamente problemi e necessità. Non è un’esortazione scontata o che intendo rivolgere a voi, ma lo dico anzitutto a me stesso: sì, aiutiamoci tutti a compiere questo passo e ne trarremo pace interiore e forza di fede e di amore da vivere e sapremo sostenere chi è vacillante o lontano dal Signore, ma può vedere in noi una luce che illumina il suo cammino e con la grazia di Dio gli fa ritrovare la via che conduce all’incontro con Cristo suo Fratello e Salvatore.

Buona Quaresima e santa Pasqua dunque di risurrezione e nuova vita.

+ Cesare vescovo, padre e amico

© PhotoCredit: Diocesi di Bergamo

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